Lo spasmo/la guerra
rileggendo Piano per il pianeta
L’Inconscio di cui parla Freud è una produzione del passato (le intricate relazioni interne alla famiglia, l’esperienza del bambino, i traumi, le rimozioni). La mossa essenziale di Guattari consiste nell’invertire l’Inconscio verso il futuro. Il desiderio al posto della memoria.
“L’Inconscio freudiano è inseparabile da una società attaccata al suo passato, alle sue tradizioni fallocratiche e alle sue invarianti soggettive. Gli sconvolgimenti contemporanei richiedono indubbiamente una modellizzazione più rivolta al futuro e all’emergere di nuove pratiche sociali ed estetiche. (1995 12)”.
Dobbiamo considerare l’immaginazione politica non solo come estrapolazione razionale della tendenza, ma anche come interpretazione di quei segni che emergono alla superficie dell’Inconscio sociale, nei deliri e nelle fobie che attraversano e scandiscono il discorso pubblico e il comportamento collettivo.
Gli scritti politici di Felix Guattari sono generalmente tentativi di tracciare una cartografia di questo tipo di interpretazione.
Nel libro Plan pour la planète (Parigi, 1980, Bologna, 1981) Guattari indaga la scena geopolitica dal punto di vista dell’Inconscio, l’energia lungimirante dell’immaginazione. Tutti in quegli anni erano concentrati sulla polarizzazione della Guerra Fredda, sulla corsa a nuovi sistemi d’arma, sul pericolo della Terza Guerra Mondiale.
Al contrario Guattari si concentra sulla crescente integrazione dell’economia mondiale e respinge la retorica del pericolo nucleare. Il sottotitolo di Plan pour la planète suona così: “Capitalism mondial integré”. Una presa di posizione apparentemente delirante, che nei decenni successivi si è rivelata invece lungimirante.
Non ci sarà guerra tra USA e Unione Sovietica, dice, Al contrario ci sarà, e già si sta svolgendo, un processo di integrazione dei cicli economici e culturali del capitalismo.
Felix scrisse questo testo all’inizio degli anni ’80, un decennio che, come sappiamo, si concluse con il crollo dell’Impero Sovietico, preambolo di un processo di globalizzazione che ha raggiunto il suo apice nel secondo decennio del nuovo secolo.
Poi è crollato.
Non la guerra, ma l’integrazione, non l’inconciliabilità dei progetti economici statunitensi e sovietici, ma una tendenza alla convergenza, e una lenta ma costante integrazione. Questa prognosi politica si basava sulla comprensione dell’integrazione economica del campo socialista all’interno del mutevole e variegato ciclo globale capitalistico e sulla convinzione che l’evoluzione tecnologica fosse destinata a levigare le contraddizioni e ad omologare consumi e stili di vita. L’immaginazione di Guattari sul futuro del mondo deve essere compresa come proiezione del suo rifiuto della riduzione edipica della psicogenesi individuale.
Per Guattari la psicoanalisi freudiana individua l’inconscio attraverso il complesso di Edipo e una narrazione basata sulla famiglia, mentre la schizoanalisi cerca di liberare le pulsioni libidiche, affinché possano operare direttamente all’interno delle molteplicità e degli assemblaggi di enunciazione che costituiscono l’ambiente sociale.
La versione schizoanalitica dell’Inconscio è espressione della soggettività sociale di quei decenni, legata alla nuova generazione altamente istruita e all’emergere di nuove forme di lavoro cognitivo: è l’effetto filosofico del movimento mondiale di studenti e ricercatori, e di la cultura femminista e di liberazione gay.
Allo stesso tempo, però, è anche una sorta di prefigurazione della trasformazione neoliberista del mondo, lo scatenamento di enormi forze di produzione e distruzione, l’accelerazione che ha portato la mente globale al crollo attuale.
A pagina 38 dell’edizione italiana di Plan pour la planète (non c’è traduzione inglese per quanto ne so) si può leggere:
“I computer conversano da un continente all’altro, dettando le regole ai leader politici ed economici. La produzione informatica automatizzata non riceve più la sua consistenza da un fattore umano ma da un fattore di continuità macchinica che attraversa, contiene, diffonde, miniaturizza e recupera tutte le funzioni e attività umane.”
Grazie a questa messa in rete del pianeta, che il rizoma anticipa concettualmente, il capitalismo si sta trasformando in un sistema globalmente integrato. Mentre l’attenzione generale era catturata dalla paura di una guerra nucleare tra le due superpotenze Guattari scriveva: “Non c’è motivo di aspettarsi un Olocausto nucleare”. (123)
Nessuna guerra mondiale, nonostante tutti i conflitti nel pianeta, ma una tendenza verso l’integrazione economica:
“Il capitalismo globale integrato è fatto di trasformazioni e aggiustamenti reciproci tra il capitalismo occidentale e le varie forme di capitalismo di stato”. (60)
Questa integrazione globale non si tradurrà in un ordine pacifico di giustizia e democrazia. Niente affatto: piuttosto un nuovo ordine totalitario che funzionerà in modo rizomatico (a-centralizzato e interconnesso):
“Il nuovo ordine totalitario che gli esperti della Commissione Trilaterale sono riusciti a plasmare non può essere assimilato ai vecchi fascismi nazionali. Questo nuovo ordine sarà ovunque e da nessuna parte”. (68)
Queste parole sono una chiara prefigurazione della globalizzazione in rete che abbiamo vissuto nei trent’anni successivi alla morte di Felix: l’ordine totalitario che si è costruito durante i trent’anni della globalizzazione non è identificabile con il vecchio regime del fascismo, dove il potere era un agente centrale capace di imporre una disciplina gerarchica ed eliminare brutalmente ogni tipo di opposizione e dissidenza. Il nuovo ordine totalitario non è al centro dell’universo sociale, ma funziona in maniera puntuale, connessa, e a-centrica: il potere si trova dovunque, perché è deterritorializzato e si inscrive in ogni atto di scambio simbolico. Ma al tempo stesso non è in alcun luogo in quanto ha carattere astratto come la finanza digitale.
Ora, all’indomani della pandemia, stiamo uscendo dalla sfera della globalizzazione, ed entriamo in un’epoca che non possiamo ancora spiegare chiaramente, ma che certamente non è più governata da una gerarchia politica, ma piuttosto regolata da procedure automatiche di governance tecnica. Allo stesso tempo però il nuovo totalitarismo che Guattari prefigurava nel 1980 sarà segnato da improvvise esplosioni di caos, che a loro volta alimenteranno l’automazione, in una doppia spirale di automazione e caos.
Dal 24 febbraio dell’anno 2022 il mondo assiste con orrore alla guerra di due blocchi che appartengono entrambi alla dimensione schizo del capitalismo, ma appartengono anche alla dimensione paranoica della Nazione, o della Nazione che si trasforma in Impero. Alcuni dei vecchi tratti del fascismo stanno riemergendo in entrambi i blocchi, ma sarebbe sbagliato credere che stia tornando il fascismo del XX secolo.
Il blocco russo che etichetto provvisoriamente nazi-sovranismo, si basa sulla proiezione aggressiva del culto della patria, dell’identità nazionale e della razza. La democrazia è sostituita dall’unità della nazione.
Il blocco americano che etichetto provvisoriamente nazi-liberalismo, si basa sul primato assoluto del profitto economico sulla sostituzione della decisione democratica con la forza degli automatismi tecno-finanziari e militari.
C’è un lato schizofrenico in questo conflitto attuale: entrambi proclamano di combattere contro il fascismo dell’altro e in questa maniera esprimono il proprio fascismo.
C’è anche un lato paranoico nell’auto-identificazione con una Verità trascendente (Democrazia, Nazione), e nell’identificazione sistematica dell’altro come il Male Assoluto.
Ma la retorica schizo-paranoica della guerra del 2022 potrebbe essere interpretata come una doppiezza che è stata inscritta nel capitalismo globalmente integrato che è attualmente in fase di disintegrazione.
Da un lato la cultura sovranista, che non è prerogativa esclusiva di Putin, ma è condivisa da metà dello spettro globale (da Trump a Modi, da Salvini a Bolsonaro) rimanda alle dinamiche sociali fondate sulla produzione di cose fisiche (petrolio, gas, grano cisterne e carri armati), dall’altro una cultura liberale fa riferimento alle dinamiche sociali del semio-capitalismo, basate sulla circolazione dei segni, (finanziaria e criptoeconomia). Naturalmente anche i russi producono segni, e anche gli americani producono grano e carri armati, ma quel che voglio dire è che l’immaginazione economica è orientata in due modi diversi.
La fuga nell’astrazione, istinto di fondo del semiocapitalismo, si scontra allora con il ritorno della concretezza: un ritorno rancoroso e vendicativo alla fisicità delle cose, al bisogno, alla fatica, alla sofferenza.
L’energia caotica del virus, contagiosa concrezione biologica, ha inaugurato questo ritorno della materia, e ora i due regimi economici si scontrano: le macchine astratte e le macchine concrete del capitalismo mettono in scena quello che Guattari chiamava “spasmo caosmico”.
Felix formulò il concetto di spasmo caosmico nel suo ultimo libro, Caosmosi: scrisse queste due parole una sola volta, potente intuizione che non ebbe il tempo di elaborare, ma che esprimeva in modo estremamente sintetico la contrazione dolorosa provocata dal caos che prelude a una generale trasformazione del ritmo del mondo. Ora è nostro compito ripartire dalle ultime parole di Guattari per trovare una linea di fuga dall’incombente neo-totalitarismo bicefalo. E’ nostro compito prendere parte al processo caosmotico in cui l’Inconscio si sintonizza con il caos e interpreta i suoi segnali.